Ventunesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»
Bologna, 17-19 novembre 2017
Abstracts
«Riflettendo che si gode del variare»: riprese e modifiche del “Giasone” di Cavalli
Nella relazione ho esposto i risultati di un recente studio sulle partiture del Giasone di Francesco Cavalli, legato al lavoro di preparazione dell’edizione critica attualmente in corso (l’edizione dell’opera a cura di Nicola Badolato, Lorenzo Bianconi e Nicola Usula, sarà pubblicata per Bärenreiter nella serie «Francesco Cavalli: Opere»). Ho mostrato in particolare come i dati ottenuti dal confronto fra le partiture, integrati alle conoscenze già acquisite sulla storia e la fortuna del Giasone, permettano di avanzare alcune ipotesi sull’evoluzione e la tradizione testuale dell’opera.
Andato in scena per la prima volta a Venezia nel gennaio 1649, il Giasone di Giacinto Andrea Cicognini e Francesco Cavalli conobbe grande fortuna nella seconda metà del secolo, documentata da più di 50 edizioni del libretto e da dodici partiture manoscritte. Dal punto di vista filologico la situazione di queste fonti è tuttavia problematica: delle dodici partiture nessuna è autografa, nessuna corrisponde in toto a un libretto, nessuna contiene tutta la musica che fu probabilmente eseguita a Venezia nel 1649, e nessuna è direttamente legata a nessun’altra, salvo le due partiture, quasi identiche, del Novello Giasone, versione rivista e aggiornata da Giovanni Filippo Apolloni e Alessandro Stradella per Roma nel 1671. Le restanti dieci copie calligrafiche sono state redatte in periodi e luoghi diversi, e differiscono per una serie più o meno consistente di varianti: ciascun testimone porta tracce diverse delle manipolazioni occorse al testo poetico e musicale dell’opera nel corso del tempo.
Le due partiture di redazione veneziana conservate una nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, l’altra nella Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, sono state probabilmente redatte sotto il controllo di Cavalli, e sono perciò oggi ritenute le più vicine alla musica per la première del 1649, sebbene siano entrambe posteriori e mostrino segni di revisioni d’autore. Una serie di varianti nel dettaglio del dettato melodico fra i due manoscritti porta inoltre a pensare che esistessero non una, ma almeno due versioni veneziane dell’opera, corrispondenti a due redazioni succedutesi nel tempo. Sulla base dei dati emersi finora dalla collazione dei testi poetici e musicali nei testimoni è possibile infatti ipotizzare l’esistenza di molteplici versioni dell’opera di Cavalli e di diversi rami della tradizione testuale. Mentre le partiture conservate a Vienna, Venezia, Roma, Firenze e Oxford sono riconducibili al ramo veneziano – che prevede due versioni distinte – le restanti partiture conservate a Napoli (tre copie), Modena e Isola Bella sono accumunate da una serie di manipolazioni rispetto al testo musicale delle fonti di Vienna e Venezia, sia a livello strutturale (tagli, aggiunte, sostituzioni o riscritture di scene/arie/pezzi strumentali), sia a livello del dettato (varianti melodiche, che interessano in special modo la parte di Giasone), le quali sembrano attestare l’appartenenza dei cinque codici a un ulteriore ramo della tradizione, il ramo della vulgata, ossia di una versione dell’opera particolarmente diffusa, come proverebbe la distanza geografica e cronologica fra i manoscritti che la contengono. Dal momento che alcune di queste modifiche, come l’aggiunta dell’aria per Isifile «Lassa, che far degg’io», si riscontrano per la prima volta nel libretto stampato a Firenze nel 1650 in occasione di un allestimento del Giasone da parte dei Febiarmonici, le origini di tale versione modificata potrebbero risalire proprio ai comici di giro, che, conclusa la prima stagione veneziana, allestirono l’opera di Cavalli in varie città italiane e contribuirono in tal modo alla sua diffusione.